Le bande hanno avuto anche una parte attiva nelle vicissitudini politiche della metà Ottocento. Paradigmatiche sono le vicende di alcune bande salentine: quella di Lecce, regolarmente inquadrata nella Guardia Urbana, prende parte ai tre giorni (3-5 Marzo 1848) di "civile letizia", indetti dal Comune, per festeggiare la promulgazione dell'effimero regime costituzionale e, per l'occasione, sono elaborate, dai Garanti e Deputati della banda, composizioni ad hoc.Quanto accade nel capoluogo serve da esempio anche per i paesi limitrofi, come Vernole, la cui "Compagnia Musicale" percorre i paesi limitrofi, per tutto il mese di Maggio del '48, intonando un inno patriottico con musica e versi (ostili a Ferdinando II) composti da Matteo Barletti per l'occasione. Quest'ultimo, capofanfara e "bollente liberale", a seguito di un concerto tenuto a S. Pietro Vernotico che sfocia in un vero e proprio tumulto popolare, è arrestato e la fanfara sciolta. Subito dopo la revoca della Costituzione e lo scioglimento della Camera, avviene una durissima repressione che colpisce in modo particolare i musicanti: alla banda di Lecce è subito ricordato che "doveva spendere il fiato essenzialmente per il Regno". Visto il crescente consenso che queste musiche riscuotono presso la popolazione, nel Gennaio del 1849, l'Intendente di Terra d'Otranto pensa bene di far eseguire questi brani, nelle chiese, nei teatri e nella piazze ma in onore di Ferdinando II. Così nell'ordinanza promulgata nell'occasione della grande gala del faustissimo giorno natalizio di Sua Maestà si sottolinea che la banda urbana dovrà esibirsi, inneggiando al Re, nei principali luoghi pubblici cittadini, al mattino ed al tramonto, sotto la diretta responsabilità dei sindaci. Un omaggio musicale che in precedenza era tributato spontaneamente dalle amministrazioni cittadine ma che ora, a scanso di equivoci, è sempre più attentamente regolamentato dall'amministrazione centrale. Ulteriori forme di controllo possiamo trovarle dalla lettura delle ordinanze pubblicate sul "Giornale d'Intendenza della Provincia di Terra d'Otranto" all'inizio degli anni Cinquanta. Nel 1850, infatti, L'Intendente Provinciale ordina una schedatura di tutti i musicanti, attraverso l'adozione di una "patentiglia di riconoscimento". Analizzando l'elenco dei "patentati" nel censimento del 1853, possiamo notare come ci sia un elevato ricambio tra i musicanti-artigiani anche se l'ossatura della banda rimane affidata ad alcune famiglie in particolare (i Centonze, i Giurgola, i Greco). In questi anni troviamo anche un'alternanza tra i Deputati della banda, alcuni dei quali avevano manifestato il proprio entusiasmo patriottico risultato in seguito sconveniente, in quanto sia i musicanti sia i Deputati dovevano essere persone gradite all'Intendente. Ristabilita la "borbonicità" della banda, il Comune, nel 1851, stabilisce un finanziamento per l'acquisto delle divise approvate dall'Intendente essendo che la banda musicale forma un attestato dello incivilimento di che Lecce si onora e che è assai disdicevole il vedere detta banda intervenire nelle feste religiose e civili con abiti indecenti, e che dalla detta banda si prestano numerosi ed utili servigi alla città e che conviene di incoraggiarla. Questa decisione è in linea con le direttive del Ministero dell'Interno che nell'ultimo periodo del regno aveva sferrato un'offensiva, arrivando a dichiarare sciolte le bande che non indossavano divise regolamentari con il ritiro degli strumenti e dei distintivi (allusioni al tricolore), in contrasto con i vigenti regolamenti. La banda diventa così protagonista in molte occasioni civili e religiose con il sostegno sempre più convinto del Comune che offre nuovi finanziamenti, dilaziona e rinnova i prestiti. Dai dati del censimento dei "patentati" del 1856 possiamo dedurre che si riduce notevolmente l'avvicendamento dei musicanti, che rimane un nucleo stabile di venti elementi, mentre si dimezza il numero dei fanciulli, che complessivamente l'organico risulta costituito da più di quaranta elementi, dato questo che conferisce alla banda status di banda di prim'ordine. Il patrimonio musicale italiano dei secoli passati non è soltanto appannaggio di quei compositori che hanno fatto dell'Italia di fine ottocento lo stato principe della musica europea e mondiale; accanto, infatti, ai Verdi, Mascagni e Puccini, sorgono, quasi come risposta allo strapotere dei teatri operistici dell'Italia culturale in quell'epoca, una sorta di società parallele, indubbiamente meno supportate economicamente e sicuramente meno influenti dei nobili teatri "alla Scala" di Milano o dell'ancor più potente "San Carlo" di Napoli, ma che sono più apprezzate dalla popolazione alto-borghese della provincia. Purtroppo però l'esperimento delle Società Filarmoniche, questo il loro nome, non fiorisce in molte città meridionali, a causa dell'ignoranza politica e culturale della massa della popolazione. I grandi teatri italiani sono, infatti, il simbolo del potere centrale, dei re, della potenza e dello sfarzo di una corte, che poco s'interessa alla vera musica. Lo stesso Verdi, che con i Lombardi alla prima crociata traduce in musica valori realmente rivoluzionari, cade nelle critiche non solo degli oppositori del suo modo di far musica (accaniti sono gli amanti di Wagner), ma anche di esser diventato lo schiavo della casa Savoia. In questo panorama politico e musicale molto contrastato si formano queste società della provincia bene, quella che ascoltava le arie sconosciute di Mozart e Beethoven, oltre che dei compositori russi, che, nonostante le paci dello zar con l'Europa, sono visti dalla politica italiana come i portatori di quei nuovi ideali che si stavano formando in Europa orientale, quali il socialismo e l'anarchia, terribile cancro per la stabilità dello Stato. In questa situazione in Puglia si consolida la presenza delle bande, anche se i giovani allievi sono per lo più analfabeti, la cui istruzione si sviluppa su basi pragmatiche se non proprio mnemoniche, riducendosi al solo leggere e copiare la musica. Questo limite è avvertito dai maestri più illuminati, come il maestro Carlo Cesi, capobanda di Lecce dal 1848, e già maestro di canto presso l'educandato delle Angiolille, che nel 1857 cerca di fondare una scuola musicale tra i poveri spizziotti ospiti dell'Istituto per Orfanelli S. Ferdinando. Dal carteggio pervenutoci tra il Cesi, il Decurinato, l'Istituto e l'Intendenza capiamo le ragioni addotte dal Cesi: una banda costituita da artigiani bisognosi non garantisce assiduità alle lezioni e ai concerti aspetto questo assicurato invece da un organico ben istruito, disciplinato e motivato, come quello costituito dagli orfanelli del S. Ferdinando. ,L'istruzione musicale e la disciplina avrebbero occupato piacevolmente gli spizziotti, favorendone, al compimento della maggiore età, un valido inserimento nelle bande militari. Le risposte del Decurionato sono ambigue, divise tra la difesa di una banda di cittadini naturali leccesi a fronte di ragazzi di incerta provenienza e l'ovvia considerazione dei vantaggi derivanti da una banda di orfanelli che per sua natura non cessa mai e conta su un inesauribile avvicendamento. La banda dal 1865 è intitolata a Garibaldi e prevede l'istituzione di classi per lo studio di strumenti a corda e a fiato dalle 9 a mezzogiorno e dalle 14 alle 23 ma, essendo la musica un istruzione secondaria dello Stabilimento, gli allievi possono appenderla soltanto e sempre unitamente ad altra arte di loro predilezione (calzoleria, sartoria, segajuola, tipografia, veterinaria). Molti capobanda, infatti, cominciano ad attingere musicanti tra gli ospiti degli orfanotrofi ma il disinteresse sabaudo per l'istruzione ed il contemporaneo sfruttamento insopportabile degli spizziotti messi a bottega scatenano numerose sommosse negli Istituti con conseguenti scioglimenti delle bande. In questo periodo assistiamo ad una grave crisi delle bande pugliesi che frequentemente si sciolgono e ricompongono, afflitte non più da persecuzioni borboniche ma da gravi problemi finanziari accentuatisi dall'indifferenza sabauda. In più si aggiunge il problema di adeguare lo strumentale secondo il nuovo modello sabaudo (adozione del diapason francese a scapito di quello austriaco, riequilibrio dei rapporti tra ottoni e legni, aggiornamento organologico), ma, nonostante questi problemi, il numero delle bande censite nel salento sale a trentasei. In quel periodo, inoltre, le Società Filarmoniche rappresentano il ponte tra la musica operistica italiana e il mondo sinfonico europeo. Queste società fioriscono chiaramente lì dove sono maggiori le pressioni politiche dell'Europa politicamente instabile, nel nord, e a Napoli e Palermo, città in cui più che l'anarchismo sono diffusi ancora gli ideali carbonari e giacobini, che avevano animato la vita politica del sud. Parallelamente al circuito bandistico, a Lecce (intorno alla fondazione del Nuovo Politeama Greco) e Brindisi (intorno alla filarmonica comunale), si fondano, con scarsa fortuna, scuole di strumenti ad arco e canto (sono gli anni della rinascita sinfonico-cameristica). Singolare è l'esperienza della Civica Amministrazione di Francavilla Fontana che, dopo due fallimentari tentativi con i maestri Beniamino Ciao e Tommaso Cantore, nel 1873 affida al maestro Giovanni Saragò il compito di dirigere la banda cittadina e costituire la Filarmonica, con l'intento di diffondere la musica da camera, completamente sconosciuta al Sud, se non nelle grandi città dove vi sono Società Filarmoniche.
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